La bottega del filosofo

 

Il greco usa “apotheca” per dire “bottega” come è ancora nella lingua napoletana. In tedesco Apotheca è la “farmacia”. E la “bottega del filosofo” è insieme una farmacia e una bottega artigianale, dove si apprende l”uso di un’arte e gli strumenti del suo operare, insieme ai rimedi del mal essere sociale e personale.

L’arte del filosofo è il “sapere vivere”, è fare della propria vita un’opera, ad arte, per rendere bella la vita. È sapere saggiare quel che è più caro e che non si può perdere senza perdersi.

L’arte del filosofo è saper abitare il proprio Ethos, quel Sé dove l'”io” è a casa propria senza esserne padrone. Affittuario della vita nell’arco della propria esistenza. Da quel Sé si esce e si ritorna per essere se Stesso.

L’arte del filosofia è sapere ritornare quel che si è come non si è mai stato.

Chi perde la memoria della via del ritorno, si ritrova in qualsiasi luogo del mondo. Chi sa ritornare può anche non ritornare. Chi non sa ritornare non può ritornare, è come disperso al mondo, fuori di sé. Il ritorno riguarda la memoria e il desiderio è ancora memoria, fa risuonare nel ricordo quel che non è avvenuto in quello che è accaduto.

Si dice “ritornare in se stesso” per intendere quel ritorno in sé dall’altro ed è come il riguardarsi nel guardare l’altro come quello che specchio in cui riflettere quel che si ammira. Così ci riflette nell’amico e in chi si ama e si desidera, riguardandosi. Nessuno è uguale a un altro, ma senza un altro nessuno è uguale a se stesso. L’amico vero non è chi è uguale a sé ma chi rende uguale a se stesso.

La bottega del filosofo è una farmacia, gli strumenti che si apprendono sono rimedi, farmaci, quel che si serba ed è da procurarsi per non cedere al processo quotidiano. La cura del filosofia non è accusativa, non cura un male, non una parte del corpo, non cura una patologia. La cura della filosofia è senza oggetto. È genitiva. Non cura cosa perché è aver cura del come essere veramente quel che si è e diventarlo.

La pratica del filosofo è vedere quel che manca in quel che c’è perché ciò che c’è sia veramente quello che è. È vedere quel che manca alla propria città perché sia veramente quella che é. È vedere cosa manca al nostro amore perché sia vero.

È uscire dalla cronaca, liberarsi di quel “non ho tempo” quotidiano, per ritrovare nel tempo dedicato i sentimenti. La pandemia ci ha tolto il tempo, lo ha sospeso, deragliato. Riprendersi dalla pandemia non è cadere di nuovo nel tempo di prima del non avere tempo. Riprendersi dalla pandemia è riprendersi dal tempo, riprendersi da Kronos, dall’immagine del tempo che divora, riprendersi dalla cronaca e ritrovare ciò che è da coltivare.

La violenza di ogni giorno contro e sulle donne non può essere lasciata alla cronaca e spiegata con la patologia. È la cultura dell’amore, il costume, l’amore che s’indossa nei gesti e nelle azioni che si deve di nuovo apprendere e imparare come finora non è stato. Uscire dalla cronaca è affrontare la violenza sul piano della cultura dell’abitare insieme. Ogni legame dice di una separazione. Ogni legame è la manutenzione della separazione, la riguarda, la preserva. Non ancora sappiamo vivere legami di separazione.

È sempre il desiderio che risuona. Chi insegna veramente trasmette il desiderio del sapere. Quel genitivo dell’aver cura è di una relazione erotica senza erotismo. Il desiderio è senza oggetto che non sia generativo di un mondo nuovo per ritornare a un prima che non è stato. Il desiderio non si soddisfa, si libera. Ed è questo continuo liberarsi dal quel che c’è per ritornare a quel che veramente l’essere nel mondo che abitiamo e che insieme viviamo.

La farmacia del filosofo è dove si apprendono rimedi al mal essere. È dove apprendere ad aver cura, riguardarsi, avendo uno sguardo diverso sulla propria esistenza della vita. Aver cura è stabilire il legame che preserva la vita e l’esistenza.

La felicità non si conquista e si raggiunge. La felicità si preserva. Si è felici quando la propria esistenza è piena di vita e si è infelici quando l’esistenza propria è senza vita. Ed è l’altro, l’altra, chi riempie di gioia di vivere la propria esistenza o che la toglie quella gioia, svuotando l’esistenza. L’arte della filosofia è imparare ad amare. È sapere saggiare il legame più caro.

Alla “bottega del filosofo” si apprende l’uso del dialogo, dello stare insieme, l’uso della scelta e della decisione, si apprende l’idea, si ha cura del vedere, del concepire, si apprende a generare, si apprende a meditazione del dialogo interiore. Nella bottega si apprende il proprio tempo con il pensiero.

La filosofia non si fa, si è in filosofia, trasformando la propria esistenza nella custodia della vita. Imparare a vivere è come imparare a camminare ed è lo stesso che imparare a parlare, è lo stesso che educare la propria voce alla modulazione del sentire interiore.

Il corpo è nell’anima come la terra è nel cielo.

(g.ferraro)

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