La colpa non è della scuola, perché Palamara a scuola ci è andato. Non è della scuola la colpa, perché Fontana ci è stato. Anche i carabinieri di Piacenza hanno fatto un corso, sono stati alla scuola dell’Arma. Chi siede in Parlamento dovrà pure essere stato a scuola, ma quando è chiamato a parlare del credito avuto dall’Europa esce fuori tema e divaga sulle pistole elettriche e sulla difesa della polizia. La colpa non è della scuola. La colpa allora è dello Stato? È della classe politica? La colpa è del Potere, che è una brutta scuola. Basterebbe un’inchiesta “a tappeto” e il Parlamento subirebbe uno scossone. La colpa è dell’evasione sociale dell’istituzione. Chi arriva al potere fa della politica l’evasione istituzionale.
L’Italia è stata più sentita come unione quando non era unità. Da Giambattista Vico a Leopardi, da Manzoni a Giannone, da Verri a Pisacane e tutti gli altri che l’hanno sentita, l’Italia è stata un solo Paese quando non era uno Stato. Un patriottismo senza Stato allora, così sono anche i populisti sono anti istituzionali. Il nostro è un Paese senza Stato, non ha sviluppato affezione per le Istituzioni. La burocrazia favorisce l’evasione e la disaffezione. Diventa la selva oscura, la zona grigia dove si disperdono i colori. La burocrazia è il paradiso fiscale della corruzione. Un paradiso alla rovescia rispetto a quelli che si definiscono tali, ma l’effetto è lo stesso. Basta riflettere che i paesi chiamati “paradisi fiscali” non hanno mafie, perché riciclano denaro a cielo aperto. La burocrazia è un paradiso per le mafie, per i corrotti, un paradiso ipocrita, perché favorisce quel che dice di impedire. Senza la burocrazia non esisterebbe la corruzione. Senza la selva delle tassazioni si pagherebbero le tasse. Sono i raggiri, i ritardi, i personalismi, che attivano “prestiti illeciti” ed estorsioni. Qui il potere è la persona, non lo Stato.
Si capisce anche perché si grida al sospetto del regime del grade fratello, non per un’ossessione di un passato statalista senza istituzioni come fu quello fascista. Il sospetto è di chi vive l’inganno. Si ha nella testa. Chiunque ha potere lo usa a suo vantaggio. Non c’è la “fiducia nelle istituzioni”, c’è il patriottismo di una Patria senza Stato. Il Paese è lasciato all’incuria, anche il territorio è corrotto, nel senso che non è curato ma selvaggiamente depredato e cementificato o abbandonato.
Ci sono tante Italie, non una. Lasciate alle prepotenze di un campionato di sviluppo economico falsato da rigori concessi e squalifiche ritardate. Ne soffre la passione quando manca la disciplina. Abbiamo una carta costituzionale che nei suoi 12 principi è il manifesto che ogni partito, ad adottarlo, vincerebbe le elezioni, sono però gli articoli, le applicazioni che li negano tutti e dodici. L’Italia è un Paese sulla carta, incartato. Finanche le carceri, a leggere la Costituzione, sarebbero scuole di libertà. nella realtà le carceri sono anticostituzionali. Più ancora l’uguaglianza sociale, indicata in quei principi, sarebbe l’espressione del benessere e della sicurezza nella piena libertà. Lo Stato siamo noi, ripeteva Calamandrei. È però il “noi” che manca ad ogni io che abita e vive questo Paese, che resta straordinario nel mondo.
Qui sono nate le prime e più antiche città, nell’Italia del Meridione. È il Paese che può vantare più Città con cultura e tradizione millenaria e con una identità forte, da Venezia a Palermo, da Napoli a Genova e poi Firenze e poi Reggio e poi Taranto e tutte le altre a seguire. È l’unico paese che può elencare città di tale importanza e rilevanza storica. Italie, non Italia. Individui animati da passioni inquinate da sospetti e intelligenze deviate da furbizia. Siamo sulla carta quello che non siamo nella società, siamo nelle regioni quello che non siamo nelle comunità. È il Paese che deve farsi scuola. La colpa non è della scuola, la colpa è che nelle scuole e nelle università ovunque domina la corruzione, il potere è personale.
Quello che è accaduto a Piacenza è l’eccesso di qualcosa che in questi anni si è venuto denunciando puntualmente. È certo un vanto dell’Arma riuscire a fare un processo a chi la contravviene all’interno, ma arriva dopo, quando qualcuno muore o quando non si può tenere più nascosto quello che tutti cominciano a sapere. Si dice che si ha bisogno di prove. Resta sempre quel manifesto di Pasolini, perché fu un manifesto, non un articolo quello in cui diceva «Io so tutti questi nomi e so tutti questi fatti (attentati alle istituzioni e stragi) di cui si sono resi colpevoli. Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi.»
L’Italia deve farsi scuola, è una Patria senza Stato, un Paese senza Società, pullula di associazioni e di comunità separate. L’effetto è lo scarto evidente fra legalità e moralità. Quello che è legale non sempre è morale e quello che è morale spesso è illegale perché considerato tale dall’interesse societario.
Quello che ancora più sorprende dei fatti di Piacenza, è il “farsi vedere”, l’ostentazione, il telefonino, lo stesso dei bulli, in posa di cacciatori, mafiosi che debbono far vedere, perché è quello lo scopo finale cui si tiene. Il potere è il successo, così come al parlamento non si discute del Paese, ma per farsi vedere, per avere il potere non come mandato istituzionale, ma personale, per fare meglio il peggio che dicono che sta facendo chi è al posto che vogliono coprire.
Il Potere si ha quando si dà. Ha potere chi dà potere di benessere. Si ha quello che si dà, chi non dà non ha niente, e niente gli rimane. Quando il potere si trattiene per sé, diventa prepotenza. Sorprende l’ostentazione di chi commette azioni criminali e ingiustizie. Si fa vedere in festini ripresi da telefonini. Deve avere successo, non gli importa quello che ha fatto succedere, “non lo vede”, non se ne avvede. L’ignoranza è prepotenza.
Pasolini, sapeva ma non aveva i nomi, così come tutti abbiamo sempre saputo di Ustica come di Cucchi o del giovane parà ucciso e di tante altre cose all’interno dei palazzi e delle caserme, delle istituzioni e degli stessi luoghi del sapere. Poi arriva l’esposizione, l’ostentazione, la casa in Sardegna intestata al prestanome, le gite in barca con i solfi pubblici, poi arriva anche Report che dice quello che tutti sanno e che nessuno ricorda più il giorno dopo.
L’Italia deve farsi scuola. È la sua occasione, il momento è questo. Il Covid19 ha fatto capire tante cose, ha fatto emerge quanto ci sia di comunità in questo paese e quanto manca invece di società, finendo nella sacca di un patriottismo anti istituzionale. Cominciamo allora da qui a riflettere su Libertà, Sapere e Potere