L’emergenza educativa della scuola pubblica logora anche il livello d’istruzione dell’apprendere e comprendere le scelte del futuro del Paese. L’entanglement delle sorti comuni a livello globale, con il diffondersi delle pandemie mostra, nella sofferenza, come il sentimento del mondo sia intrecciato alla vita del pianeta. La salute e la salvezza non sono mai state così vicine, correlate e interferenti. La cura del corpo e la cura dell’anima, del reale e del vero, del fuori e del dentro, mettono in più chiara luce come il sapere sia congiuntivo del “cosa” del “come” e del “perché” del benessere e della felicità, individuale e sociale. Quando maggiore è il disagio della scuola di Stato tanto più evidente è l’esigenza pubblica della manutenzione dei legami sociali e della correlazione dei luoghi dei saperi, delle imprese, delle istituzioni e della vita attiva dei cittadini. La scuola è la mediazione culturale del piano istituzionale e di quello sociale, ne segna il passaggio continuo di rinnovamento e di adeguamento alle insorgenze di nuovi scenari collettivi. La scuola avvicina e accomuna. È un luogo interiore, l’utopia della città. Bisogna guardare dentro se stessi per vedere quel che manca all’esistente perché ritrovi nella realtà la verità del suo essere cosa, come e perché.
Al tempo dell’emergenza bisogna che emerga quel che fin qui è stato nascosto dalla ragione normale giunta all’ora dell’esigenza del suo cambiamento. La scuola è il luogo del tempo di un paese dove si raccoglie il passato della sua storia, il presente delle sue condizioni, il futuro delle sue aspettative. Le domande del sapere sono le stesse delle possibilità. La ragione normale deve tornare ad essere critica domandandosi del cosa, come e perché, degli obiettivi, metodi e fini. Ritornare a chiedersi cosa e come possiamo sapere perché, cosa e come possiamo fare perché, cosa e come possiamo sperare perché. Sono domande sull’esperienza, la scelta, il progetto. Riguardano tutti gli ambiti e gli ambienti della produzione, della distribuzione, delle relazioni sociali e commerciali, del benessere individuale e della comunità. È il fine che ne raccoglie gli obbiettivi perché diventino un programma, un percorso di cui la scuola assegna corsi, compiti, verifiche, applicazioni.
È manifesta l’esigenza di una scuola delle relazioni, che operi in ogni luogo, intervenendo sullo stato esistente, una formazione che trasforma perché generativa d’impresa, di correlazioni, di sviluppo nell’unione di comunità sociali in una società comune. È il sogno dell’Europa che tiene insieme Unione e Comunità. È il sogno di ogni Paese che abita e vive l’Europa e il Mediterraneo senza porre confini e delimitazioni. La scuola, Skolé in greco, non indica un luogo come un edificio, per quanto è necessario spazi da allestire alla sua missione. Skolé indica il tempo interiore, quello proprio in cui si esprime la propria personalità, il proprio sapere come contributo sociale della comunità. Scuola è ovunque si apprende e si comprende il proprio essere, per come esserci perché abbia un fine comune il fare e lo stare accanto, produrre, inventare, generare. «La Scuola dei Legami Pubblica e Politica» agisce nelle sedi delle imprese, nelle piazze, nelle sedi istituzionali di amministrazione e di governo, d’istruzione e competenze delle conoscenze, per apprendere e comprendere. Nessuno è libero da solo, la libertà è fatta di legami. Il grado di libertà per ognuno si misura dalla qualità dei propri legami sociali, anche per un Paese, il grado di libertà si misura dalla qualità dei propri legami sociali che solo la scuola fa apprendere e comprendere.
«La Scuola dei Legami Pubblica e Politica» è l’espressione è la Città che si apprende e si comprende. Le aule sono le piazze, le strade, le stesse scuole istituzionali, le fabbriche, le carceri e ogni luogo che non può restare isolato ed escluso senza perdere la sua funzione sociale di comunità.