La potenza di ciascuno potrebbe consistere nell’essere in grado di agire in funzione del desiderio, non di soddisfarlo, ma di ottenerne sempre uno nuovo che possa sfociare tanto nella tristezza quanto nella letizia. Insieme, troverebbero un equilibrio vitale, senza il quale la mente non riuscirebbe a “riscoprire” soluzioni creative. Il desiderio che nasce dalla letizia, a parità di condizioni, è più forte che non il desiderio che nasce dalla tristezza. La dimostrazione mi convince, ma spesso la mia esperienza mi ha detto altro. Gruppo di alcolisti anomali. Gestisce l’intensità sulla linea della memoria del corpo. Cosa può fare per stare presso se stesso. Senza memoria e senza desiderio. La memoria del corpo è la felicità del desiderio disambiguato dall’oggetto e che non fa oggetto l’oggetto. Il connubio spinoziano tra mente e corpo è qualcosa che, a mio parere, si ha paura di raggiungere; la razionalità è qualcosa che blocca l’uomo e gli impedisce l’ascolto del proprio corpo. Tale connubio si allontanerà esponenzialmente, almeno questo credo, poiché la scissione tra mente e corpo è un caposaldo della nostra esistenza e l’inglobare informazioni a livello razionale, piuttosto che entrare in contatto, di pancia, con ciò che accade intorno a noi, è sempre più comune. Ho bisogno di comprendere se per corroborare il mio essere è necessario influenzare l’altrui essere imponendo la propria ragione, oppure è meglio farsi inglobare da altri esseri che reputo utili. Conservare se stessi o conservare gli altri? E’ una negazione o forse un antidoto alla pulsione di morte. Il passaggio dall’impotenza alla potenza implica una conoscenza di sé e del proprio corpo. Il desiderio non nasce dalla mancanza, ma è perseveranza del proprio essere. E’ volontà di potenza. E forse il passaggio dalla tristezza alla letizia, dall’impotenza alla potenza, non è possibile senza il commercio con le cose esterne, senza le relazioni. Eppure è così difficile pensare che ci sia un’unica energia, che l’autodistruzione non sia una tendenza, che non sia “ragione” poiché contrasta la natura umana. Vorrei accogliere e liberare la capacità più profonda di vita e di gioia, che avverto ancora impastata in tanti pensieri, desideri vincolati a obiettivi sociali. Manca – per me – la letizia come stato profondo, non solo legata a cose e persone. Manca la drammaticità del passaggio dall’impotenza alle esperienze e affetti di letizia. Mi è venuto in mente per tutto il discorso un pensiero che volutamente, proprio perché volevo scriverlo, non ho detto: noi non riusciamo a capire il nostro corpo. Non è la prima volta che ci penso, l’ho pensato quando cercavo la causa della mia tristezza. “ Non riesco a capire il mio corpo”. E questo forse è l’esercizio fondamentale di cui parla Spinoza, l’utile, la convenienza alla propria natura, al proprio corpo, al proprio appartenersi ed esserci nel mondo. Non bisogna dimenticare cosa può il nostro corpo.