Il secolo dei lumi è stato anche quello della nascita della società. È stato il tempo dell’economia politica, dei primi progetti di scuola pubblica, dello sviluppo delle periferie e dei centri urbani, della riforma delle carceri, della scuola dei sentimenti. Di seguito c’è stato il secolo della storia, del progresso, dell’ideologia, dello stato etico, fino ad arrivare allo stato totalitario come primo tentativo di assorbire la società nello Stato facendo nel progetto del socialismo e della cancellazione dello Stato nel comunismo. Entrambi contrastati e fatti degenerare nella condizione attuale. Ora chiamiamo democrazia lo stato di diritto nel quale sperimentiamo il progressivo prosciugamento della società e la gestione privatistica dello Stato. L’Unione Europea cancella la sovranità degli stati locali, indebitati a uniformarsi sotto ricatto del fallimento e della povertà alle condizioni di incastrare tutti i servizi sociali nelle maglie della gestione privata. La parola d’ordine nascosta è privatizzare la società ed eliminare lo stato. L’effetto ideologico è l’informatizzazione e la riduzione della scuola a formattazione continua rispondente alle innovazioni. Si studia per farsi prodotto di mercato, vestendo l’innovazione. “Ingegnarsi” si diceva anche per intendere il vestito nuovo, ed è di un tale vestirsi che si dà la concorrenza sulle competenze. La produzione invade la generazione, scomponendo i generi, così come i prodotti sono di nuova o ultima generazione. La privatizzazione della società e la cancellazione della sovranità degli stati in nome di unità continentali in concorrenza tra di loro sul piano globale, provoca una maggiore precarietà di esistenza individuale. La democrazia è diventata espressione di una farmacia dei diritti, “prodotti” sulla base delle esigenze cliniche a fatturato crescente. Ci sono ragioni senza diritti, perché non danno ricchezza, e diritti senza ragione, perché sono privilegi. I farmaci si producono alimenetando epidemie, per malattie rare non c’è guadagno a produrli, non non se ne ha, e la felciità è una “malattia” rara. Il riconoscimento delle ragioni in diritti è sempre in relazioni alle ragioni di ricchezza. Cresce la solitudine, meglio l’isolamento. La democrazia, senza stato e a società privata, è sempre più gestita da associazioni. La scuola è privatizzata dall’alto, reclama una formattazione sempre più personalizzata e funzionale di settore. La persona è svuotata del tempo della sua esperienza e dei propri sentimenti. L’informatizzazione reclama una gestione sempre più individuale da parte di ogni singolo che perde sempre più stanza sociale per ridursi a sola porta girevole dello scambio d’identità e di persona, come prodotto tra gli altri. I sentimenti lasciano il posto a consulenze e terapie, per essere trattati come patologie. Così la noia è diventata depressione, la malinconia è ora un disturbo dell’umore, così come ogni altra espressione di sentimento. L’amore vissuto è a tempo determinato così come per ogni altro sentimento che ha bisogno di cura per guarire. La società privata diventa una clinica. Crescono i centri di benessere, manca la felicità, perché il benessere è delle condizioni, la felicità è delle relazioni. I sentimenti sono legami, sono fatti di tempo ed è il tempo e il legame che ci mancano. Sono cambiati. Siamo cambiati. È il momento questo di comprenderne gli effetti e capire quali sentimenti ci aspettano e ci spettano, ripensando a quello che è stato fin qui ed è ora il nostro amore, la nostra amicizia, il dolore e il dispiacere, il piacere e l’entusiasmo. Ogni passaggio che diventa storia nel tempo dell’Europa è segnato dalla riforma delle carceri e delle scuole come di ogni luogo di cura e di ospitalità. La storia dell’Europa si misura dalle forme dell’ospitalità e delle migrazioni delle genti. Stiamo vivendo tutto questo, riforma delle scuole, riforme di ospitalità e di detenzione, di campi d’inclusione, reclusione ed esclusione, in una forma d’urgenza perché giunta al punto di una trasformazione radicale delle relazioni, dei legami e dei sentimenti che ne conseguono. Sta cambiano l’economia. Sta cambiando la nostra stessa percezione d’esistenza e il rapporto con la vita. Il nostro modo di abitare. I sentimenti non sono patologie, non necessitano di una clinica, dicono quel che ci accade dentro di quel che avviene fuori e del mondo che vogliamo e sappiamo ancora per una società comune e una comunità sociale. Il programma di “Una piazza per sentimento” è un modo per mettere all’aperto il proprio sentire, di parteciparne, di ripensare il nostro stare insieme e abitarci. Partiamo da dove i sentimenti hanno fatto scuola. I sentimenti sono fatti di tempo. Cominciare dalla Critica del Giudizio, leggerla adesso, vale come tradurla, riportarla al linguaggio adesso corrente, tradurla perciò riportandola dove siamo ora e capirla, ospitarla in un altro tempo per capire quanto sia cambiato il suo e il nostro sentimento. GF